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Effetti delle esercitazioni di allungamento muscolare prima della prestazione fisica


di Gilles Cometti

INTRODUZIONE

E’ innegabile che l’introduzione delle tecniche per l’allungamento muscolare all’interno della metodologia della preparazione fisica sia stato un progresso molto importante. Infatti mediante queste tecniche, l’atleta ha imparato a meglio interessarsi alle proprie strutture muscolari ed ai suoi diversi gruppi muscolari e quindi ad esplorare la propria mobilità articolare. Data per scontata la valenza delle tecniche è comunque interessante analizzare alcuni dati scientifici di recente acquisizione, che hanno studiato in dettaglio gli effetti di queste pratiche sulla prestazione fisica. Questa puntualizzazione metodologia si rende necessaria in quanto a queste tecniche inizialmente introdotte semplicemente per conseguire un aumento dell’ampiezza dell’escursione articolare, sono state progressivamente attribuire valenze quasi universali le quali partendo dal loro iniziale ruolo operato nell’ambito del riscaldamento e della prevenzione degli infortuni, sono passate in quello dello sviluppo della forza e del miglioramento del recupero. Le giustificazioni metodologiche risultano allo stato attuale talmente variegate nell’ambito delle loro differenziazioni metodologiche, che sarebbe lecito attendersi che esse siano di fatto in grado di risolvere tutte le problematiche della preparazione fisica. In questo articolo vorrei mostrare alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, ciò che ci si può o meno attendere dalle tecniche di allungamento muscolare. Gli effetti della pratica dell’allungamento muscolare (stretching) possono essere ordinati in tre livelli:

  • prima della prestazione per una sua migliore preparazione;

  • dopo la prestazione per un migliore recupero;

  • per il miglioramento della mobilità articolare e di quella caratteristica del movimento

che gli allenatori definiscono “scioltezza”.

In questo articolo prenderemo in considerazione il primo dei tre punti che insieme al secondo sono quelli attualmente più dibattuti. Gli altri due punti vale a dire gli effetti sul recupero e la fisiologia delle tecniche di stretching saranno oggetti di altri articoli.

STRETCHING E RISCALDAMENTO PRE COMPETITIVO

Quali dovrebbero essere le ragioni dell’impiego delle tecniche di allungamento nel corso delle fasi pre competitive? I sostenitori delle tecniche di allungamento rivendicano che lo stretching (allungamenti preceduti o meno da contrazioni isometriche) consentono:

  1. una elevazione della temperatura dei muscoli sottoposti ad allungamento;

  2. un miglioramento della prestazione che segue;

  3. la prevenzione degli infortuni.

In quanto seguirà prenderemo in considerazione queste tre rivendicazioni e le confronteremo con quanto reperibile in tal senso nella letteratura scientifica.

Gli effetti dello stretching sull’elevazione della temperatura corporea

L’elevazione della temperatura interna dei muscoli dipende dalla loro vascolarizzazione, l’esercizio fisico grazie all’alternarsi delle contrazioni e dei rilassamenti permette al muscolo di giocare il ruolo di pompa e quindi di favorire una migliore circolazione del sangue. Come ha dimostrato Mastérovoï (14) l’alternanza di contrazioni concentriche contro una resistenza media, costituisce la miglior maniera per elevare la temperatura del muscolo. Prendiamo quindi in considerazione ciò che avviene nel corso dell’allungamento: Alter (1) autore di una opera di considerevole valore quale Science of Flexybility, dimostra che gli allungamenti provocano all’interno del muscolo delle tensioni elevate, le quali determinano una interruzione dell’irrorazione sanguigna, che a sua volta va a negare l’effetto “vascolarizzate” ricercato. Ovviamente nella pratica dell’allungamento si alternano delle fasi di contrazione a fasi di rilassamento muscolare che consentono il flusso sanguigno, ma di nuovo la scelta della contrazione isometrica non sembra costituire la migliore maniera per stimolare la pompa muscolare. Risulta più semplice proporre il protocollo di Mastérovoï (14). Wiemann e Klee (23) nella loro ricerca insistono sulla inefficacia dello stretching sull’elevazione della temperatura muscolare. Da quanto sopra esposto si può quindi concludere che la pratica dell’allungamento muscolare non consente un riscaldamento muscolare corretto.

STRETCHING E PRESTAZIONE

Attualmente sono disponibili una serie di articoli che hanno dimostrato l’effetto nefasto dell’inserimento della pratica dell’allungamento muscolare, nel corso del riscaldamento pre competitivo. Tali effetti negativi sono stati dimostrati per attività di velocità, forza e soprattutto di salto (elevazione).

Stretching e velocità

Wiemann e Klee (23) hanno dimostrato come l’allungamento passivo determini un peggioramento del livello di prestazione, sulla ripetizione di azioni di forza rapida. Nello studio di Wiemann e Klee (23), alcuni atleti parteciparono ad una sperimentazione nel corso della quale essi dovevano effettuare, per la durata complessiva di circa 15 minuti, una serie di esercizi di stretching per i flessori e gli estensori dell’anca a cui venivano alternati sprint della lunghezza di 40 metri. Ebbene il gruppo sperimentale grazie alla pratica dello stretching fece registrare una diminuzione della prestazione di sprint pari a 0.14s (diminuzione di velocità) mentre il gruppo di controllo che tra uno sprint e l’altro effettuava solamente della corsa lenta non fece registrare alcun aumento significativo della prestazione sui 40m (+0.03, n.s.). Stretching e forza

In uno studio condotto sui flessori plantari da Fawles e coll. (5), è stato dimostrato come l’allungamento prolungato d’un gruppo muscolare sia in grado di far diminuire l’attivazione (EMG) e la forza contrattile del gruppo interessato. Fatto interessante è che la diminuzione della forza permane presente ad un’ora di distanza dalla fine dell’allungamento. La diminuzione dell’attivazione muscolare viene invece recuperato velocemente (15 min), ma la forza contrattile permane sempre del 9% inferiore a quella base anche dopo 60minuti di recupero. Kokkonen (8) nella sua sperimentazione introdusse la pratica di due protocolli di stretching nel corso del riscaldamento per un test 1 RM per gli estensori e flessori del ginocchio. Questo ricercatore constatò una diminuzione significativa della forza prodotta sia effettuando azioni di allungamento passivo che attivo rispetto al gruppo di controllo che naturalmente non aveva effettuato alcun tipo di stretching. Nelson (15) ha confermato questo decremento della forza anche in seguito ad impiego dello stretching balistico, indicando questa diminuzione prestativa in un 7-8% rispettivamente per gli estensori e flessori del ginocchio. In base ai risultati delle ricerche qui presentate risulta evidente come l’effettuazione dello stretching prima di eventi nei quali sia previsto un’importante produzione di forza sia da scoraggiare.

Stretching e resistenza alla forza

Kokkonen e coll. (9) hanno dimostrato come un abuso della pratica dell’allungamento muscolare possa influenzare negativamente la capacità di resistenza alla forza. Lo studio ha evidenziato come la pratica dello stretching prima di un test massimale a carico dei flessori del ginocchio, ne riducesse il numero di ripetizioni in maniera significativa. Gli autori (9) della ricerca pertanto sconsigliano la pratica dello stretching prima di prove che implichino un elevato impegno a carico della resistenza alla forza (canottaggio, canoa-kayak ecc.).

Stretching e capacità di salto (elevazione)

Henning e Podzielny già nel 1994 (10) dimostrarono una perdita della capacità di elevazione pari al 4%, in seguito all’inserimento di esercizi di allungamento muscolare prima di prove massimali di salto verticale. Inoltre gli stessi autori (10) rilevarono nel corso della stessa sperimentazione, una significativa diminuzione della forza esplosiva rispetto al gruppo di controllo che non aveva effettuato alcun tipo di stretching. Numerosi altri studi hanno confermato gli effetti nefasti dello stretching prima di una prova di salto. Knudson e coll. (7) hanno dimostrato una leggera diminuzione dei risultati del salto verticale successivamente ad un riscaldamento effettuato con lo stretching. Church e coll. (2) nel corso della loro sperimentazione hanno valutato l’efficacia di diversi protocolli di riscaldamento: solamente riscaldamento generale, riscaldamento e stretching statico, riscaldamento e stretching PNF. Il gruppo che aveva effettuato nel corso del riscaldamento le tecniche PNF vide diminuire la prestazione di salto verticale in maniera significativa. Gli autori (2) quindi sconsigliano di impiegare tale tecnica di allungamento muscolare nel corso del riscaldamento. In fine Corwell e coll. (2) hanno studiato gli effetti dell’allungamento passivo sulla prestazione di squat jump (salto verticale senza contromovimento partendo da una angolazione del ginocchio pari a 90°, SJ) e di counter movement jump (salto verticale con contro movimento, CMJ). Questi autori (2) rilevarono in seguito alla pratica dello stretching una diminuzione significativa della prestazione nel CMJ senza comunque osservare alcuna diminuzione della stiffness o dell’attivazione (EMG) muscolare. Il ruolo dello stretching nella prevenzione degli infortuni

Si ritiene spesso che l’inserimento dello stretching nel corso del riscaldamento sia utile per prevenire l‘insorgenza degli infortuni. Purtroppo molti studi hanno contraddetto questa affermazione. Shrier (18) in una sua revisione della letteratura operata su più di dieci articoli, constatò che l’allungamento muscolare prima dell’attività fisica non riduce affatto il rischio di infortunarsi. Pope e coll. (16, 17) condussero due studi su delle reclute dell’esercito. Nel primo di questi studi (16) condotto su più di 1500 soggetti e per 12 settimane, venne osservato l’effetto dell’inserimento dello stretching nel corso del riscaldamento sull’incidenza degli infortuni al muscolo tricipite surale e a tal scopo venne realizzato un gruppo sperimentale ed uno di controllo. Al termine della sperimentazione non vennero riscontrate differenze significative nell’incidenza di infortuni (n=214) all’apparato muscolo tendineo nei due gruppi. Nel secondo studio (17) lo stesso tipo di indagine venne svolta osservando il comportamento di sei gruppi muscolari degli arti inferiori impiegando lo stesso protocollo prima descritto. Sorprendentemente anche al termine di questa sperimentazione non fu notato alcun effetto positivo, operato dalla pratica dell’allungamento muscolare, sulla prevenzione degli infortuni. Van Mechelen e coll. (21) valutarono su una popolazione di 320 corridori gli effetti di un riscaldamento con esercitazioni per l’allungamento muscolare e di un defaticamento per un periodo di 16 settimane. Al termine della sperimentazione risultò che il gruppo di controllo che non aveva effettuato nel corso del periodo di osservazione alcun tipo di riscaldamento, allungamento muscolare o defaticamento fece registrare meno infortuni (4.9 ogni 1000 di allenamento) del gruppo sperimentale (5.5 ogni 1000 ore di allenamento). Lally (12) scoprì che nei maratoneti (600 soggetti) l’incidenza degli infortuni risulta superiore in coloro che praticano stretching (+35% infortuni).

Per quale motivo quindi l’allungamento muscolare risulterebbe inefficace per la prevenzione degli infortuni?

L’EFFETTO ANTALGICO DELL’ALLUNGAMENTO MUSCOLARE

In letteratura è possibile trovare una serie di spiegazioni per questo fenomeno. Tra esse Shrier (18) evoca l’effetto antalgico operato dall’allungamento muscolare. Infatti la spiegazione che viene addotta sempre più spesso dagli autori che studiano lo stretching (13) è che, attraverso la pratica dell’allungamento muscolare, si aumenta la tolleranza allo stiramento del muscolo. In pratica avviene che il soggetto che pratica lo stretching aumenta la sua mobilità articolare grazie ad una sua maggiore tolleranza al disagio dovuto all’allungamento. Il soggetto allenato allo stretching sarebbe quindi in grado di sopportare uno allungamento superiore (stretch-tolerance). L’atleta quindi riesce ad effettuare una maggiore escursione articolare grazie ad una sorta di assopimento dei suoi ricettori del dolore e quindi è facile pensare che esso vada incontro al rischio di infortunarsi, nel caso vada ad iniziare la sua attività specifica. Gli autori (11, 19) che hanno associato all’allungamento muscolare del calore o del ghiaccio hanno constatato un aumento significativo dell’allungamento passivo (le tecniche PNF non sono influenzate da queste pratiche). Secondo Shrier (18) l’aumento dell’escursione articolare in seguito all’associazione di caldo o ghiaccio è dovuto ad un assopimento dei ricettori del dolore, che agirebbe di conseguenza sulla tolleranza ad esso da parte dei soggetti. Le tecniche PNF (come ad esempio la cosiddetta contract-relax: ovvero allungamento preceduto da una contrazione isometrica) risultano particolarmente efficaci per ottenere il documentato assopimento dei ricettori del dolore. Le tecniche PNF sono quindi da evitarsi nel corso del riscaldamento.

I MICROTRAUMATISMI DOVUTI ALL’ALLUNGAMENTO

Wiemann e Klee (23) hanno verificato che l’allungamento passivo impone ai muscoli delle sollecitazioni talvolta equivalenti alle tensioni muscolari massimali. Le strutture elastiche passive del sarcomero (principalmente la titina) sono molto sollecitate e rischiano quindi di subire dei microtraumi che possono agire in maniera sfavorevole, allo svolgimento dell’attività successiva. Wiemann e coll. (22) hanno fatto effettuare ad un gruppo di atlete praticanti la ginnastica ritmica un allenamento eccentrico del retto femorale di entrambe gli arti inferiori. Nel corso delle sedute per lo sviluppo della forza alle atlete venne fatto praticare dello stretching passivo solamente per una gamba. Due giorni dopo l’allenamento l’arto allungato risultò essere significativamente più doloroso dell’altro. Sembrerebbe quindi che l’allungamento passivo solleciti le miofibrille allo stesso modo dell’allenamento della forza e favorisca quindi un microtraumatismo all’interno delle fibre muscolari, a cui si attribuisce l’insorgenza del dolore muscolare (4, 6).

LA COORDINAZIONE AGONISTA-ANTAGONISTA

Il fatto di ricercare un esagerato allungamento ed una sollecitazione passiva di certi muscoli, mette in discussione la buona coordinazione agonista-antagonista. Ischiotibiali troppo estensibili non saranno mai pronti ad un bloccaggio improvviso della coscia durante la corsa. Certi autori rivendicano un ruolo di de-coordinatore allo stretching.

IL FENOMENO DEL CREEPING

Il creeping è una fenomenologia evocata da alcuni autori per indicare l’effetto negativo dello stretching sulla prestazione. Wydra (24) ha definito il fenomeno del creeping come segue: nel corso di un allungamento ampio e prolungato il tendine si allunga, ciò determina una riorganizzazione delle fibrille del collagene che si vanno ad allineare, mentre in condizioni normali esse hanno un orientamento obliquo. In questo caso, insieme a un guadagno in escursione articolare, si verifica sempre una minor capacità del tendine di immagazzinare energia (20). Questo fenomeno risulta essere reversibile, ma con una latenza talmente importante che risulta alquanto scorretto indurre creeping nel corso del riscaldamento prima dello svolgimento di una disciplina sportiva che solleciti la velocità e l’elevazione.

INDICAZIONI PER LA PRATICA

I PRINCIPI DELL’ALLUNGAMENTO NEL RISCALDAMENTO: In seguito a quanto riportato dagli studi precedenti, introdurre tecniche di allungamento nel corso del riscaldamento di sport che fanno appello a qualità quali la velocità e l’elevazione, non sembra essere indicato. Certamente discipline che esigono delle posizioni che prevedono escursioni articolari estreme, come accade per la ginnastica ed il pattinaggio artistico, si sottraggono a questa regola in quanto si deve far sì che l’atleta raggiunga tali ampiezze di movimento senza rischi.- Le tecniche denominate PNF (Contract-relax e Contract-relax-agonist contrattino) sono da evitarsi nella maniera più assoluta nel corso della fase di riscaldamento.- Scindere il lavoro utile per gli estensori da quello per i flessori: nel caso degli arti inferiori è importante che non si tratti il quadricipite ed il tricipite, alla stessa maniera degli ischio-tibiali. Gli estensori non devono essere allungati altrimenti la loro efficienza nel corso delle esercitazioni di salto e sprint sarà inferiore. Si consiglia di evitare l’effettuazione dei due esercizi presentati nella figure 1-2. Gli ischio-tibiali possono essere allungati ad ampiezza moderata effettuando una o due ripetizioni .

- Gli esercizi di vascolarizzazione (contrazioni dinamiche, non isometriche, contro resistenza) che si basano sull’alternanza di contrazioni e rilassamenti per determinare l’azione di pompa del muscolo, devono assolutamente accompagnarsi a quel poco di stretching tollerato.

- L’individualizzazione deve essere secondo i ricercatori una condizione da perseguire (18): la maggior parte dei soggetti non ha bisogno che di un solo allungamento per muscolo, mentre altri devono perdere più tempo.

- La naturale alternanza dell’azione di contrazione tra i muscoli agonisti ed antagonisti determina nella maggior parte dei casi, un sufficiente allungamento dei muscoli interessati.

- I movimenti naturali come circonduzioni e slanci sono spesso più appropriati per la preparazione delle articolazioni a svolgere ampi movimenti.

Riassumendo lo stretching in fase di riscaldamento pre competitivo risulta una pratica particolarmente svantaggiosa, eccezione fatta per quelle discipline sportive che richiedono una mobilità articolare particolarmente spettacolare.

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