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Mosè Mondonico

Utilizzo dell'analisi bioipedenziometrica e allenamento: casi di studio

Introduzione Al giorno d’oggi il continuo espandersi del mercato del fitness e dell’allenamento mirato e cucito su misura sul cliente impone che la scelta dei contenuti e delle tipologie di allenamento non possa più dipendere in alcun modo dalla sorte, pena la perdita del cliente da parte del personal trainer o del centro fitness in questione a causa dell’insorgere di dubbi e demotivazione nel cliente per degli effetti dell’allenamento sperati e mai concretizzati. Pertanto se nella vita di tutti i giorni siamo chiamati in ogni istante a prendere delle decisioni di diversa natura, lo stesso accade nella formulazione di una scheda di allenamento. Purtroppo però nel processo di allenamento, non sempre, anzi quasi mai è possibile verificare la scelta dei contenuti allenanti nel brevissimo termine. In questa maniera allora la programmazione di un intervento allenante assume la connotazione di un continuo bivio tra l’ipotesi di avere successo o quella di fallire in termini di risultati raggiunti. Si pone quindi la necessità di possedere un qualche strumento o parametro di riferimento che possa svolgere il ruolo di Decision Maker, ovvero un metodo di analisi che fornisca degli indici e delle misurazioni, da poter svolgere anche preallenamento, che forniscano delle indicazioni istantanee dello stato funzionale del soggetto: ovvero la valutazione dell’integrità della massa muscolare e della relativa efficienza. Una sfida difficile per costi e praticità dei test non sempre alla portata della routine lavorativa. Questo proposito può venire in aiuto l’utilizzo di uno strumento troppo a lungo ignorato dai professionisti del settore: il bioimpedenziometro. Ma come uno strumento classicamente utilizzato da professionisti della nutrizione può dare informazioni utili anche ai professionisti dello sport e del fitness? La bioimpedenza (BIVA), utilizzata non come strumento di valutazione corporea ma come strumentazione di screening da affiancare ai test di start up, può fornire informazioni preziose per orientare il programma di allenamento? La risposta è si ma per comprendere come queste informazioni possono essere utili al processo di allenamento si deve conoscere meglio la metodica e passare dall’impedenziometria standard alla analisi vettoriale di impedenza.


La BIVA e i modelli compartimentali dell’essere umano La BIVA è una valutazione oggettiva, semplice, affidabile, ripetibile e soprattutto assolutamente indipendente dalla volontà del soggetto testato sulla quale si può iniziare a costruire la consulenza richiesta, sciogliendo facilmente il primo bivio a cui va incontro un professionista delle scienze motorie trovandosi di fronte un cliente: iniziare il programma di interventi allenamento con esercizio aerobico o con potenziamento? La risposta a questa domanda è fornita attraverso le misurazioni delle BIVA. Ma quali sono queste misurazioni? La BIVA altro non è che la misurazione dell’impedenza ovvero una grandezza fisica che rappresenta la forza di opposizione di un corpo al passaggio di corrente attraverso il calcolo della resistenza (R) e della reattanza (XC), che possono essere interpretate rispettivamente come: la forza opposta dai fluidi e la forza opposta dalle membrane cellulari. In quest’ottica allora si passa da una valutazione classica della composizione corporea basata su un Modello Bicompartimentale, costituito da massa grassa e massa magra, ad un Modello Tricompartimentale, costituito da massa grassa, massa extra cellulare (ECM) e massa cellulare (BCM). Questo tipo di modello di composizione corporea non è solo quantitativo, ma anche qualitativo dal momento che offre informazioni aggiuntive su come è distribuita la massa magra e su quale sia la quantità di quella metabolicamente attiva. La ECM è formata da scheletro, collagene, legamenti, derma, plasma, liquido interstiziale (solidi e liquidi extracellulari); mentre la BCM è la componente metabolicamente attiva dell’organismo: contiene il tessuto ricco di potassio, ossida il glucosio, contribuisce per larga parte al consumo di ossigeno; si tratta sostanzialmente delle cellule dei muscoli e degli organi. L’utilizzo del Modello Tricompartimentale suggerisce allora che a parità di massa magra ci si può trovare di fronte a soggetti completamente diversi, che andranno sicuramente allenati in maniere differenti (Fig.1).


Fig.1 Confronto fra modello bicompartimentale e tricompartimentale

Le misurazioni di R e XC vengono poi inserite in un grafico ellissoidale denominato BIAVECTOR che fornisce la descrizione dello stato funzionale del soggetto. Il grafico può essere interpretato come una sorta di bussola che indica l’orientamento dello stato fun- zionale del cliente al momento della misurazione. Es- sendo un grafico ellissoidale avrà quindi due assi di riferimento: uno maggiore che indica lo stato di idrata- zione e uno minore che indica la qualità delle membrane cellulari (Fig.2).

Spostandosi parallelamente all’asse maggiore delle ellissi dal basso verso l’alto (direzione S-N) si passa da una condizione di iperidratazione ad una condizione di disidratazione, spostandosi invece lungo l’asse minore delle ellissi da destra verso sinistra (direzione E-W) si evidenzia un aumento della struttura e della sua qualità. Per avere una maggiore chiarezza di come può essere valutato un soggetto e di quali possono essere le situazioni da affrontare con i clienti occorrono dei punti di riferimento. La BIA è nata soprattutto per applicazioni cliniche per cui risulta fondamentale fare riferimento a dei campioni di soggetti quanto più specifici rispetto all’attività sportiva e al fitness in particolar modo. Una valutazione svolta su 248 soggetti (118 donne e 130 uomini) presso un centro fitness italiano (database Akern, Pontassieve (FI), Italy) riporta una distribuzione del BIAVECTOR sui quadranti di sinistra del 60% per le donne e del 89% per gli uomini, men- tre sui quadranti di destra del 40% per le donne e dell’11% per gli uomini (Fig.3).


Fig.2 Biavector assi e punti di riferimento. Fig.3 Distribuzione Biavector


Esempi di applicazioni e casi di studio Caso 1: Obeso Uomo di 36 anni, altezza di 1,85 m, peso di 163,5 kg. Massa grassa 45%, metabolismo basale a riposo 1800 kcal. Obiettivo: riduzione della massa grassa e miglioramento dell’assetto idrico. L’analisi del BIAVECTOR (Fig.4) ci indica un soggetto con buona cellularità ma con evidente ritenzione idrica. La qualità delle membrane cellulari offre lo spunto per credere che un primo approccio aerobico possa ottenere dei risultati in quando le cellule sono pronte a mantenere al loro interno la massa metabolicamente attiva che è quelle preposta al consumo di energia, inoltre la buona salute cellulare permette l’utilizzo di un volume di allenamento relativamente elevato. Tipologia e quantità di allenamento da proporre:

  1. Costruzione di un programma di training rivolto al consumo calorico

  2. Functional training rivolto al consumo calorico

  3. Moderato lavoro con sovraccarichi

  4. Circolatorio

  5. 3-4 sedute settimanali


Fig.4 Caso 1, soggetto obeso


Caso 2: Donna soggetta ad effetto “YOYO” Donna di 54 anni, altezza di 1,62 m, al primo test peso di 49,5 kg e massa grassa 33%, al controllo dopo un mese di trattamento peso di 50,7 kg e massa grassa di 23%. Obiettivo: perdita di massa grassa. L’analisi del BIAVECTOR (Fig.5) ci informa innanzi tutto sulla scarsa qualità muscolare e delle cellule della cliente che essendo poco resistenti tendono a non mantenere al loro interno l’acqua portando la cliente in uno stato di cattiva idratazione. Questa condizione non favorisce di certo il mantenimento del peso in quanto la massa metabolicamente attiva non rimane all’interno delle cellule per bruciare energia. L’allenamento dovrà allora orientarsi prima di tutto verso la nuova ricostruzione delle cellule, coscientizzando la cliente che l’eventuale aumento o stati del peso non sono assolutamente un fattore negativo ma un necessario trofismo muscolare utile alla successiva perdita di massa grassa, solo in un secondo momento si potrà procedere con l’allenamento a carattere aerobico. Infine il volume di lavoro dovrà essere sicuramente limitato vista la scarsa salute cellulare e quindi la probabile difficoltà nel recupero. Tipologia e quantità di allenamento da proporre:

  1. Programma prevalentemente con sovraccarichi

  2. Attività aerobica da inserire progressivamente

  3. 2-3 sedute settimanali


Fig.5 Caso 2, donna soggetta and effetto YO-YO


Caso 3: ragazza sottopeso Donna di 24 anni, altezza di 1,72 m, al primo test peso di 45,5 kg e massa grassa 6%, al controllo dopo un mese di trattamento peso di 50,7 kg e massa grassa di 12%. Obiettivo: recupero funzionalità muscolare e incremento ponderale. In palestra non capitano solo casi di soggetti con necessità di perdere peso per tornare in salute ma anche il contrario. In questi casi la BIA offre informazioni utilissime per come orientare il programma allenante, soprattutto per conoscere quanto è deteriorato il tes- suto cellulare in caso di malnutrizione. Il BIAVECTOR (Fig.6) suggerisce un tessuto cellulare in cattivo stato e una alta disidratazione. È necessario ripristinare la qualità delle membrane cellulari affinchè mantengano all’interno la massa metabolicamente attiva e migliori lo stato di idratazione cellulare. Per raggiungere questi obiettivi in questa fase si deve optare per un ridotto volume allenante. Tipologia e quantità di allenamento da proporre: 1. Programma con sovraccarichi rivolto all’ipertrofia e all’incremento del metabolismo basale 2. Attività aerobica limitata alla fase di warm-up 3. Functional training non rivolto al consumo calorico 4. 2-3 sedute settimanali


Fig.6 Caso 3, soggetto sottopeso


Caso 4: uomo sportivo amatoriale Donna di 32 anni, altezza di 1,80 m, al primo test peso di 86 kg e massa grassa 22% Obiettivo: calo ponderale ed incremento della massa muscolare funzionale all’attività sportiva praticata. L’analisi del BIAVECTOR (Fig.7) indica un soggetto leggermente disidratato e con una qualità cellulare ai limiti della normalità. Questa condizione che clinicamente potrebbe essere presa per buona sotto certi punti di vista non lo è per un soggetto che una volta a settimana sceglie di praticare una attività sportiva amatoriale senza avvalersi della consulenza di un professionista: la classica partita di calcio a 5 del fine settimana. La qualità delle sue membrane cellulari e della massa muscolare al momento del test potrebbe divenire fonte di un eventuale infortunio durante l’attività fisica svolta. È allora necessario strutturare il programma di allenamento partendo da un lavoro sulla muscolatura e funzionale all’attività sportiva praticata. Tipologia e quantità di allenamento da proporre:

  1. Programma con sovraccarichi rivolto al trofismo muscolare e alla disciplina praticata

  2. Functional training

  3. 2-3 sedute settimanali + attività sportiva amatoriale una volta a settimana


Fig.7 Caso 4, sportivo amatoriale


Ulteriori considerazioni sulla BIVA Quanto riportato finora è senza dubbio un aiuto notevole per l’impostazione delle prime fasi di allenamento di un cliente che non si conosce o che si pone degli obiettivi specifici e che punta sulla consulenza di un professionista. Ad ogni modo, nonostante la BIVA sia un test attendibile e ripetibile è fondamentale che vengano rispettate delle precauzioni utili a standardizzare il test e rendere le singole misurazioni quanto più simili tra loro. Sono quindi da rispettare e ripetere l’ora del test che sarebbe meglio svolgere nelle prime ore del mattino, la posizione del soggetto che deve essere in decubito supino per un lasso di tempo com- preso tra 1-5 minuti prima del test, la tipologia degli elettrodi rispettando le indicazioni del costruttore e aspetto molto importante il posizionamento degli elettrodi che vanno applicati sempre sullo stesso lato del corpo (per convenzione sul lato destro).

La BIVA permette quindi di svolgere un’analisi FUNZIONALE della composizione corporea in quanto i risultati della misura eseguita possono essere interpretati per avere informazioni ulteriori su: equilibrio idroelettrico, variazioni di bioimpedenza registrabili, equilibrio Anabolico/Catabolico e valutazione delle fasi Carico/Recupero. Questi ultimi due aspetti sono fondamentali per la programmazione di un piano di allenamento personalizzato sul cliente al fine di scoprire quando, quanto e come si possono modulare i parametri del carico allenante. Il valore della BIA che fornisce queste indicazioni è l’Angolo di Fase.

L’Angolo di Fase (PA) deriva dal rapporto tra reattanza e resistenza e varia nel corpo umano da 2-3° a 9-10°, sostanzialmente è un indicatore della proporzione fra le masse intra ed extracellulari. In questa maniera fornisce indicazioni sulle fasi anaboliche e cataboliche, facendo registrare valori maggiori per le fasi di costruzione cellulare e valori inferiori per le fasi di catabolismo (Fig.8). È fondamentale però sottolineare e ricordare di porre attenzione all’Angolo di Fase e contestualizzarlo sempre con gli altri parametri in quanto due soggetti diversi potrebbe avere lo stesso Angolo di Fase, ma caratteristiche e relative condizioni nettamente differenti (Fig.9).


Fig.8 Caratteristiche dell'angolo di fase. Fig.9 Relazione fra equilibrio anabolico/catabolico


Conclusioni operative A seguito di questa breve panoramica delle potenzialità che l’analisi bioimpedenziometrica mette al servizio del professionista delle scienze motorie si possono trarre le seguenti conclusioni operative che si inse- riscono all’interno di un processo integrato con altreprofessionalità per la salute e il benessere dell’individuo (Fig.12), pertanto attraverso la BIA il trainer può: 1. Valutare ed orientare il programma di allenamento adeguandolo alle necessità personali di ogni cliente 2. Individuare i volumi di allenamento 3. Monitorizzare continuamente il cliente creando un archivio e un profilo personale 4. Conoscere le fasi cataboliche e anaboliche all’interno della ciclizzazione stagionale.

Per approfondire l'argomento clicca quì


Bibliografia di riferimento:

  1. Piccoli A, Nigrelli S, Caberlotto A, Bottazzo S, Rossi B, Pillon L, Maggiore Q. Bivariate normal values of the bioelectrical impedance vector in adult and elderly populations. Am J Clin Nutr, 1995; 61(2):269-270.

  2. Database privato Akern.


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